N° 024/2021 |
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FONTE: Il Gazzettino |
GIORNO E DATA: lunedì 12 luglio 2021 |
PAGINA: 23 |
AUTORE: Alessandra Graziottin |
Con la pubblicazione dei due articoli che seguono, vogliamo evidenziare la necessità di approfondire la medicina di genere. Uomo e donna sono pari e uguali nei diritti, doveri e godimento delle pari opportunità, ricordiamoci, però, che anatomicamente i due generi sono diversi, questa diversità impone un’attenzione particolare nella medicina; anche la differenza d’età ha le sue leggi. R.B. Passioni e solitudini
Dolore le differenze che pesano sulle donne
«Signora, lei non ha niente. Il dolore ce l’ha in testa». Milioni di donne nel mondo continuano a vedere negata la verità biologica, fisica, del loro dolore. Le conseguenze sono malattie che progrediscono non diagnosticate, lesioni funzionali e anatomiche ingravescenti, progetti di studio, lavoro e famiglia azzoppati, comorbilità che si sommano in una spirale distruttiva, qualità di vita rovinata. Perché il dolore nelle donne è meno considerato? Quali fattori millenari e recenti mantengono uno sguardo così clinicamente asimmetrico tra uomini e donne? Riflettendo, mi sembra che si possano individuare alcuni fattori critici. Il primo è relativo alla origine del dolore. Nei millenni le cause di dolore più evidenti erano esogene, esterne al corpo, da fattori traumatici ambientali: lesioni da caduta e da incidenti, ferite da battaglia e da lotta, da armi da taglio e poi da fuoco, erano molto più frequenti negli uomini rispetto alle donne (con l’eccezione delle percosse e delle violenze, in famiglia e in guerra). Nelle donne per millenni i dolori più frequenti sono stati quelli da cause endogene: dolore mestruale, ovulatorio e da parto, erano considerati epifenomeni intrinseci dell’essere donna. Cause obiettive esterne, lesioni evidenti a occhio nudo hanno sempre portato a dare più ascolto e più rispetto alla verità del dolore negli uomini rispetto alle donne. Il secondo fattore, in parte legato al primo, è relativo alla visibilità delle lesioni, storicamente più riconoscibili negli uomini perché post-traumatiche. Purtroppo, fino a pochi anni fa non si sapeva che il dolore endogeno (oltre che esogeno) è la punta dell’iceberg di un’infiammazione dei tessuti, un micro-incendio biologico, invisibile finché non ha causato danni maggiori. I dolori che più colpiscono le donne hanno questa doppia insidia: sono endogeni e provenienti da cause a lungo invisibili, proprio perché sottesi da quest’infiammazione che per mesi e anni avviene al disotto della soglia di visibilità a occhio nudo, pur potendo causare dolori invalidanti. Per esempio: nel 15% di donne in cui il dolore mestruale severo è sotteso da una infiammazione tessutale persistente, causata da una malattia progressiva come l’endometriosi; nel 12% delle donne in cui il dolore vescicale persistente è causato da un’infezione e un’infiammazione delle cellule della parete vescicale, responsabili della sindrome della vescica dolorosa; nel 12-15% delle donne in cui il dolore vulvare e all’inizio della penetrazione sono causati da un’infiammazione su base immuno-allergica attivata dagli antigeni della candida, e così via. Il criterio pericoloso della visibilità delle lesioni che causano il dolore persiste tra i medici: i nostri mezzi diagnostici radiologici ed ecografici si basano sul criterio di visibilità a occhio nudo, spesso tardivo rispetto a quando è iniziata l’infiammazione, ma anche le patologie cardiovascolari, neurodegenerative, autoimmuni o tumorali che essa sottende. Come sempre ripeto, di fronte a un dolore evidente, se la diagnostica per immagini è negativa, sarebbe più appropriato dire «non c’è nulla di ancora visibile con gli attuali mezzi di indagine» e non «siccome non vedo nulla di patologico, lei non ha niente, e se ha dolore se lo inventa». Il criterio della visibilità persiste anche nella popolazione generale. Eppure la pandemia da covid-19 dovrebbe aver insegnato anche al grande pubblico la potenza dell’invisibile a occhio nudo. Di fatto la vasta maggioranza delle patologie inizia in modo invisibile finché non si arriva in modo più o meno rapido a sintomi e segni clamorosi di malattia.
Percezione del dolore: le differenze tra uomo e donna Martina Valizzone | Psicologa in Salute 10 aprile, 2017 Secondo un recente studio, condotto dai ricercatori della Georgia State University, le cellule della microglia (cellule che si occupano della principale difesa immunitaria nel sistema nervoso centrale) sarebbero più attive nel cervello delle donne che in quello degli uomini, nelle regioni coinvolte nel processamento del dolore. La ricerca, pubblicata sul Journal of Neuroscience, ha evidenziato che quando le cellule della microglia vengono bloccate, la risposta delle donne ai medicinali oppioidi migliora e eguagliava i livelli di sollievo dal dolore normalmente riscontrati nel sesso maschile. L’incidenza di patologie croniche e infiammatorie, come la fibromialgia e l’osteoartrite, è maggiore nei soggetti di sesso femminile. Per i casi più severi e per il trattamento del dolore cronico, il farmaco antidolorifico più utilizzato è senza dubbio la morfina, che secondo i ricercatori avrebbe un’efficacia minore nelle donne. La percezione del dolore nelle donne Diversi studi clinici e preclinici hanno dimostrato, senza ombra di dubbio, che “le donne hanno bisogno quasi del doppio della dose di morfina solitamente somministrata agli uomini per ottenere lo stesso effetto analgesico” afferma Hillary Doyle, ricercatrice presso il Murphy Laboratory del Neuroscience Institute of Georgia State. “Il nostro team di ricercatori ha trovato una potenziale spiegazione a questo fenomeno, che risiede proprio nelle cellule della microglia tra i due sessi”. In individui in salute, le cellule della microglia ispezionano il cervello, alla ricerca di possibili infezioni o agenti patogeni. In assenza di dolore, secondo quanto osservato dai ricercatori, la morfina interferisce con le normali funzioni corporee ed è percepita da queste cellule come agente patogeno e di conseguenza attiva le cellule della microglia che causano il rilascio di agenti chimici anti-infiammatori come la citochina. Per testare quanto queste differenze tra i sessi abbiano effetto sull’analgesia data dalla morfina, Doyle e i suoi collaboratori hanno somministrato a topi di sesso femminile e maschile dei farmaci in grado di inibire l’attivazione delle cellule della microglia. “Il risultato di questo studio ha importanti implicazioni sulle terapie del dolore, e suggerisce come sia necessario soffermarsi sulla ricerca di farmaci in grado di migliorare la risposta agli oppioidi nelle donne”, afferma la dott.ssa Anne Murphy, co-autrice dello studio e professore associato al Neuroscience Institute of Georgia State. Secondo i ricercatori, le cellule della microglia sono più attive nelle regioni del cervello coinvolte nell’esperienza del dolore e potrebbero contribuire a spiegare i tassi di incidenza di varie sindromi croniche, significamente più elevati per il sesso femminile piuttosto che per quello maschile. Gestione del dolore: terapie Alternative Il termine “terapie alternative” è generalmente utilizzato per descrivere tutti i trattamenti medici o interventi usati al posto o in aggiunta alla medicina convenzionale. Le terapie alternative sono numerose e comprendono l’agopuntura, chiropratica, yoga, ipnosi, biofeedback, aromaterapia, l’uso di erbe mediche, massaggi e altre pratiche. Negli ultimi decenni diverse ricerche hanno confermato l’efficacia delle terapie alternative nel trattamento del dolore, sarebbero necessari altri studi per verificare l’efficacia dei trattamenti alternativi rispetto ai trattamenti convenzionali. Vediamo ora nel dettaglio alcune delle terapie alternative più conosciute. Terapia mente-corpo Questo tipo di terapia aiuta a migliorare l’abilità della mente di influenzare le funzioni e i sintomi del corpo, partendo dal presupposto che mente e corpo sono profondamente collegati. Le terapie mente-corpo includono meditazione, tecniche di rilassamento, biofeedback, ipnosi, etc. Si tratta di tecniche in grado di diminuire la sofferenza correlata al dolore cronico. Agopuntura Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità più di 30 patologie traggono beneficio da questo tipo di trattamenti, e la riduzione della percezione del dolore è uno di questi. L’agopuntura, infatti, diminuirebbe il dolore incrementando il rilascio delle endorfine in grado di bloccare l’invio del messaggio al cervello. L’agopuntura si mostra un valido alleato in grado di diminuire i sintomi derivanti da mal di testa, mal di schiena, crampi mestruali, sindrome del tunnel carpale, fibromialgia, osteoartrite. Chiropratica e massaggi I trattamenti chiropratici sono i trattamenti più comuni tra quelli non chirurgici per il mal di schiena. Diversi studi li indicano come trattamenti efficaci per il mal di testa, dolore cervicale e dolori osteoarticolari. I massaggi sono invece indicati per il trattamento e la gestione di patologie croniche a carico di schiena e cervicale. I massaggi possono ridurre lo stress e alleviare le tensioni migliorando la circolazione sanguigna. Dieta Secondo diversi studi, apportando delle modifiche al proprio regime alimentare si può alleviare il dolore, in quanto limita i processi infiammatori. Un dieta vegetariana, a base di cibi crudi, sembrerebbe aiutare i soggetti con fibromialgia a ridurre la sensazione di dolore. Un altro studio condotto su donne con sindrome premestruale suggerisce che una dieta vegetariana a basso contenuto di grassi riduca l’intensità e la durata dei sintomi mestruali. In conclusione, vi consigliamo di consultare sempre il vostro medico curante prima di sottoporvi a uno qualsiasi di questi trattamenti alternativi, consapevoli che le percezioni variano tra uomo e donna! |

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